La Memoria Digitale, dal Floppy al Cloud

Uno sguardo al passato per ricordare dove siamo partiti, uno al presente per vedere cosa siamo diventati, uno al futuro per poter sfruttare al meglio la nostra memoria digitale.

L’evoluzione digitale in pochi anni ha cambiato notevolmente lo stile di vita e le abitudini delle persone. Stare al passo con i tempi è diventata una necessità più che una scelta. Maggiori prestazioni in tempi sempre più ridotti, questi i pregi, e forse allo stesso tempo i difetti, dell’evoluzione tecnologica avanzante. “Chissà dove arriveremo!”, la frase più inflazionata in questi ultimi anni. Forse è più giusto però ricordare da dove siamo partiti per poi tentare di arrivare nel migliore dei modi al traguardo. Diamo uno sguardo alla storia della nostra memoria digitale.

I nostri ricordi, le informazioni più importanti, i codici e i numeri segreti hanno cominciato ad essere registrati in memorie digitali sin dagli anni 40’ del secolo scorso. Il salvataggio e la conservazione dei dati era affidato a un complesso sistema di schede perforate che venivano inserite in calcolatori elettromeccanici che permettevano di eseguire programmi, salvare dati e riprendere il lavoro dal punto in cui ci si era fermati nella sessione precedente. Un esempio eclatante è la Macchina di Turing progettata nel corso della seconda guerra mondiale per decifrare i codici crittografici della marina e dell’aviazione tedesca. Una macchina che leggeva e rielaborava le informazioni inserite in nastri cartacei perforati.

Nel giro di qualche anno il nastro cartaceo si trasformò in nastro magnetico. Un lungo nastro di materiale plastico ricoperto di un ossido magnetico capace di archiviare una grossa quantità di dati su una singola bobina e in grado di contenere sino a 225 kilobyte, equivalente di 1.920 schede perforate.

Nella seconda metà degli anni 50’ fece la sua comparsa l’HARD DISK, il primo disco rigido della storia ideato dall’IBM, composto da dischi ricoperti da materiale magnetico, fatti girare a gran velocità. A differenza del nastro, i dati potevano essere letti e scritti in qualsiasi ordine e non necessariamente in ordine sequenziale. Conteneva sino a 5 megabyte di dati, equivalente a circa 23 nastri magnetici.

I primi floppy disk comparvero nei primi anni ’70. Erano grossi dischi di materiale plastico ricoperto da materiale magnetico che però non avendo nessuna copertura, si sporcavano facilmente, divenendo presto inutilizzabili. Con gli anni vennero rimpiccioliti e ricoperti da una custodia di plastica per proteggerli dai fattori esterni. Il primo floppy conteneva appena 80 kilobyte di memoria digitale, nella sua forma più avanzata (3,5 pollici) arrivava a contenere 1,44 megabyte.

Il CD-ROM (Compact Disc – Read Only Memory) venne ideato da Sony e Philips a metà degli anni ’80. Il cosiddetto Mode 1 permetteva di salvare dati informatici, il Mode 2 dati musicali o di tipo grafico. Ognuno conteneva sino a 700 megabyte, equivalente di 486 floppy disk.

I DVD fecero la loro comparsa a metà degli anni ’90. Utilizzati ancora oggi i DVD sfruttano differenti materiali per il salvataggio dei dati, tecniche di lettura e scrittura dei dati e contengono molte più informazioni rispetto ai CD-ROM. Hanno 4,7 gigabyte di capienza, circa 7 CD-ROM.

Dispositivi di archiviazione di massa “plug-and-play” (attacca e utilizza), dotate di memoria digitale Flash e interfaccia Universal Serial Bus (USB), le chiavette USB ebbero immediatamente un gran successo grazie alla loro portabilità e alla possibilità di scrivere e cancellare i dati a proprio piacimento. Arrivano a contenere circa 125 giga di informazioni.

Dalla seconda metà degli anni 2000 i supporti per la conservazione dei dati si sono smaterializzati. Grazie alla sempre maggiore diffusione di Internet e vista la necessità di poter accedere ai propri file da qualunque luogo e in qualsiasi momento, l’archiviazione dati ha fatto un salto sulla nuvola (il Cloud Storage). Secondo alcuni calcoli, nel cloud risederebbero sino a 1 exabyte di dati, più o meno come 500.000 hard disk da 2 tera; 8.192 chiavette USB da 125 giga; 218 milioni circa di DVD e 9 milioni di miliardi di schede perforate.

La storia dell’archiviazione dati fa riflettere su quanti progressi sono stati compiuti in ambito tecnologico ma anche e soprattutto di quanto sia importante e fondamentale custodire e mantenere sempre a portata di mano informazioni, numeri e veri e propri “pezzi di vita”.

E allora non lasciamo che questo processo di evoluzione tecnologica e sociale si arresti. Non lasciamo che i nostri ricordi restino chiusi nel cassetto o in una scatola impolverata nell’ultimo scaffale di una soffitta. Manteniamo sempre vive le emozioni che ci hanno reso felici. Curiamo la nostra memoria digitale.

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